Capitolo 01
Points of view

Cosa c’era di sbagliato in lei?
Di certo non aveva quattro teste.
Non era zoppa.
Non era storpia.
Non era sfregiata.
Non era antipatica.
Forse era un po’ troppo decisa, forse un po’ troppo aggressiva.
Ma era spiritosa, era divertente.
Non era poi così male.
Ne era quasi certa. Ne sarebbe stata certa se non avesse appena ricevuto una telefonata con cui Will disdiceva il loro appuntamento di quella sera adducendo come scusa il fatto che doveva stare a casa con sua sorella minore.
Niente di strano, se non fosse che William non aveva una sorella minore.
Forse lui non sapeva che lei fosse a conoscenza di questo piccolissimo e forse quasi insignificante particolare che aveva però scatenato nella ragazza un serie di pensieri contorti e vorticosi che non volevano darle pace; dopotutto essere scaricate con una scusa del genere senza un motivo preciso non era decisamente il massimo, anzi.
Leila se ne stava seduta sul divano a fissare la televisione sintonizzata su MTV Gold che in quel momento trasmetteva per la milionesima volta l’unplugged dei Nirvana. Kurt Cobain si stava dilettando a cantare ‘Smells like a teen spirit’, ormai quella canzone era diventata decisamente inflazionata e non faceva più il magico effetto di una volta.
Si sentirono due piccoli colpi provenire dalla porta di vetro scuro che stava alla sua destra e la ragazza girò la testa mormorando un ‘Avanti’ a voce molto bassa, e poco dopo la testa di sua madre sbucò da dietro l’anta lucida.
“Esco, ci vediamo dopo!” disse semplicemente la donna e lei annuì salutandola con un ciao, mentre la porta si richiudeva.
Leila aveva 24 anni e in un certo senso viveva ancora a casa con i genitori, ma solo in un certo senso, perché in realtà si poteva dire che abitava soltanto con suo fratello maggiore.
La cosa era complicata: al piano di sopra si trovava l’appartamento in cui erano nati e cresciuti, quello in cui viveva ancora la madre con il fratello minore; la casa, tramite una piccola rampa di scale che partiva dal salone, era collegata all’appartamento al piano di sotto che era stato dato in affitto, fino a tre anni prima, ad una famiglia che l’aveva però liberato dopo la scadenza del contratto.
Era stato in quel momento che Leila e suo fratello maggiore, Lee, che all’epoca aveva ventisei anni, avevano proposto alla madre di tenerselo per loro, di non affittarlo e di andarci ad abitare, e così era stato; era una casa del tutto indipendente, un appartamento a sé stante con l’unica particolarità della scala che conduceva al piano di sopra, ma la cosa non comportava nessun invasione della privacy per nessuno, perché la porta di vetro scuro situata tra i due appartamento veniva chiusa a chiave quando necessario e lasciata aperta tutte le altre volte.
Senza contare che spesso e volentieri, ovvero sempre, Leila e Lee pranzavano e cenavano ancora di sopra in famiglia quando erano a casa: la loro indipendenza era più formale che altro, ma avere una casa a propria disposizione si era rivelata comunque una cosa molto comoda per entrambi, anzi per tutti e tre, visto che anche il fratello minore, Adam, di diciassette anni, aveva approfittato della cosa, ovviamente, ritenendo ingiusto che l’appartamento ‘in eccedenza’ fosse di esclusiva proprietà degli altri fratelli. Infatti anche lui non esitava ad organizzarci feste e invitare amici, l’unica differenza era che lui dormiva ancora al piano di sopra.
Erano le sei di pomeriggio e avrebbe dovuto prepararsi per uscire ma...  era stata scaricata dopo due soli appuntamenti e si sentiva una specie di genere alimentare con la data di scadenza troppo ravvicinata: quando i ragazzi la leggevano la riponevano neanche troppo delicatamente sullo scaffale su cui l’avevano trovata.
Non che avesse avuto solo esperienze così disastrose: poteva vantare anche qualche bella storia più o meno importante, ma negli ultimi mesi, precisamente nell’ultimo anno, la sua fortuna con l’altro sesso era andata drammaticamente precipitando in picchiata, come se fosse pronta a schiantarsi in un burrone da un momento all’altro, diceva suo fratello con quel suo adorabile tatto.
I figli maschi erano di certo una sciagura per l’umanità; se non i figli, i fratelli e soprattutto quelli maggiori che vivevano con te e si prendevano abbastanza confidenza per commentare la tua vita da cima a fondo.
A dire il vero, Lee non era propriamente quel genere di fratello. Certo, si divertiva a prenderla in giro e non si risparmiava quasi mai battutine e commenti che per lui suonavano inspiegabilmente divertenti, ma in realtà lui e Leila avevano una grande complicità, non per niente riuscivano a vivere insieme e spesso a uscire insieme con le stesse persone senza uccidersi, non ancora, quanto meno.
Proprio in quel momento il rumore della chiave che veniva infilata nella toppa la riportò alla realtà: girò la testa verso sinistra, verso la porta d’ingresso, giusto in tempo per vederlo entrare con quella solita chioma di capelli biondi arruffata dal vento che soffiava fuori e gonfiata dall’umidità di quella giornata grigia fin dalla mattina.
“Hey!” lo salutò lei riportando gli occhi sulla televisione. Kurt Cobain stava iniziando a darle la nausea e così cambiò canale ritrovandosi davanti a uno spettacolo ancora peggiore: i Tokio Hotel al gran completo.
“Hey... hey, ti prego, cambia canale e non accogliermi così!” scherzò il ragazzo con un sorriso, abbandonando a terra la borsa del portatile e levandosi l’imbottito blu che appese all’appendi abiti poco dopo.
“Non c’è niente di niente... ” borbottò lei ricordandosi poi perché suo fratello era stato in giro tutto il giorno “... piuttosto, com’è andata?” chiese spegnendo la televisione e girandosi verso di lui, seguendolo con lo sguardo mentre attraversava il soggiorno dirigendosi in cucina per prendere qualcosa da bere.
“Bene, cioè mi hanno dato il lavoro!” rispose lui prendendo automaticamente due bottiglie di birra, sapendo che Leila difficilmente avrebbe rifiutato l’offerta.
“Ma quindi devi realizzargli tutto quel sito incasinatissimo?” s’informò lei mentre Lee tornava in sala passandole la bottiglia e lasciandosi cadere pesantemente sulla poltrona a destra della televisione.
“Guarda, quella è la parte buia del lavoro...  Vogliono che realizzi tutto in Asp, tra l’altro, quindi tutto dinamico e con l’interfaccia diversa per l’azienda e per il cliente, però ne parlavo con Mike e dice che è fattibile se non ci cambiano i contenuti... ” rispose il ragazzo spostandosi con una mano un ciuffo di capelli ribelli dal viso.
Lee, così come la sorella, aveva i capelli biondi e molto fini, lisci in condizioni normali, mossi se l’umidità prendeva il sopravvento; entrambi avevano gli occhi chiari, azzurri fino all’inverosimile: quelli di lui erano più tendenti al verde lei, ma la somiglianza, comunque, vedendoli vicini era innegabile.
Lee si era laureato quattro anni prima in Design, precisamente nella specializzazione di Web Grafica, ed ora, insieme ad un amico ed ex compagno di corso, aveva messo in piedi una piccola società che si occupava appunto di fare siti per aziende e imprese grandi e piccole, e il lavoro, nella zona, fruttava decisamente bene, visto che i ragazzi erano in grado di offrire un servizio molto buono a prezzi che erano considerati da molti competitivi.
Leila, da questo punto di vista, invidiava molto il fratello: lui aveva trovato la sua strada, aveva scelto l’università giusta e ora si trovava a fare un lavoro che gli piaceva, che lo appassionava e che sembrava anche soddisfarlo.
Lo stesso non si poteva dire di lei: ancora non si era laureata, anzi, con quasi un anno di ritardo si ritrovava ancora invischiata e intrappolata alla facoltà di Giurisprudenza, cioè  una delle scelte meno azzeccate della sua vita. Aveva sbagliato strada ma, purtroppo, se n’era resa conto troppo tardi e adesso, testarda e cocciuta com’era,  aveva deciso di finire il corso di studi e poi, chissà, da qualche parte sarebbe arrivata; lei non era così sicura, ma Lee lo era, aveva piena fiducia nella sorella e per questo aveva svolto un ruolo molto importante non lasciandola andare allo sbaraglio, non lasciandola mollare, convinto che, alla fine, sarebbe potuta arrivare ovunque.
“Ma tu non dovevi uscire con Mr. Occhiali Rossi... ?” si informò il ragazzo allungandosi per prendere il telecomando e sintonizzandosi su FoxCrime dove stavano trasmettendo, neanche a dirlo, C.S.I.
“Deve stare con sua sorella.” sentenziò Leila fissando lo schermo mentre Lee si fermava con la bottiglia appoggiata alle labbra portando lo sguardo su di lei.
“William non ha una... ”
“... lo so quindi evitiamo, ok?” lo bloccò sul nascere lei senza spostare gli occhi, non aveva voglia di vedere lo sguardo divertito di Lee, quel mezzo sorrisetto che di sicuro stava cercando di mascherare bevendo un sorso di birra, quell’espressione che urlava ‘Te l’avevo detto che era un idiota e io ho sempre ragione’.
“Se vuoi viene a cena Ian e poi andiamo con gli altri a vedere i Lesters che suonano allo Shiraz” continuò il ragazzo sapendo che non era il caso di continuare con il discorso in quella direzione.
Per quanto si potesse divertire a prenderla in giro, sapeva che la situazione stava lentamente dando sui nervi a Leila sempre di più, era il terzo ragazzo nel giro di due mesi a scaricarla senza se e senza ma: il primo l’aveva fatto dopo aver ottenuto quello che voleva, dopo esserci finito a letto. Memore dell’esperienza, Leila si era comportata molto diversamente con quello dopo, tenendolo decisamente più a distanza, ottenendo però lo stesso risultato, ed anche con l’ultimo le cose non erano cambiate molto, e Lee non capiva perché.
Sua sorella non era una incapace di scegliersi i ragazzi, non era una di quelle che andava con quelli che volevano apparire, con gli ‘arrivati’, con i bellocci idioti. Sua sorella, nonostante si divertisse spesso a sostenere il contrario, aveva un cervello anche abbastanza funzionante e le persone che frequentava  erano spesso ragazzi normali, svegli, spesso studenti universitari, o magari qualche collega di amici, eppure sembrava che lei avesse l’intrinseca capacità di spaventare il sesso maschile.
Certo Leila era una tosta, era cresciuta facendosi le ossa con lui e con il suo gruppo di amici di cinque anni più grandi di lei che non l’avevano praticamente mai lasciata in pace dal giorno in cui era nata, ed era quindi una che conosceva decisamente bene il genere maschile avendo vissuto con due fratelli e un numero imprecisato di amici che bazzicavano per casa a ogni ora del giorno.
Era sotto molti aspetti un maschiaccio, una che amava il calcio, che andava allo stadio ogni volta che poteva a guardare la sua squadra, una cresciuta con i videogiochi, che se la sapeva cavare alla perfezione con i computer, una perfettamente in grado di arrangiarsi nella maggior parte dei lavori casalinghi e non di bricolage, una che conosceva a memoria la saga di Die Hard, che poteva elencare dalla A alla Z tutti i personaggi dei Cavalieri dello Zodiaco e di He-Man, una che, in pratica, dietro i grandi occhioni chiari nascondeva un indole forse a volte troppo mascolina.
Ma certo, al di là di questo, c’era molto altro.
Era una donna sotto tutti gli effetti per l’altro cinquanta per cento: adorava lo shopping e avrebbe potuto passare ore a guardare vetrine, aveva una smodata passione per gioielli e accessori di ogni genere, un armadio pieno di scarpe, alcune messe si e no una volta e mezza, adorava il colore rosa e non disdegnava mai una commedia romantica.
Forse era questo che spiazzava i ragazzi: a seconda di dove la si guardasse, Leila appariva diversa e questo poteva risultare un problema, o meglio, non un problema ma poteva disorientare una persona che cercava di capire, o almeno provava a capire Leila.
“Boh, non so, magari sento la Chia e decidiamo sul da farsi... ” rispose la ragazza buttando indietro la testa e chiudendo gli occhi per un attimo.
“Ok, io vado a farmi una doccia, se suonano apri che è Ian!” esclamò Lee lanciandole il telecomando e alzandosi dalla poltrona iniziando ad attraversare il soggiorno e fermandosi poi sulla soglia della porta del corridoio del reparto notte; appoggiò una mano sullo stupite e si girò “Lia comunque, non farti rovinare il weekend da quello, ok?” sorrise e la sorella non poté fare a meno di ricambiare.
“Stai facendo l’accondiscendente perché io inizi a preparare la cena?” scherzò lei alzandosi in piedi, sapendo che la risposta era in parte positiva.
“Non sarebbe male, lo ammetto!” rispose lui sparendo poi lungo il corridoio.
La ragazza prese in mano il telefono e compose a memoria il numero dell’amica.
“Pronto?” la voce di Chiara risuonò dall’altra parte preceduta dal ronzio del phon che veniva spento.
“Ciao Chi!” la salutò la bionda aprendo il frigo e rimirando la desolazione dei ripiani, due ciuffi di radicchio e quattro bottigliette di salsa rosa chiedevano pietà assieme a un paio di peperoni e una confezione di mozzarella.
“Uh hey! Non avevo visto sul display che eri tu, pronta?” rispose la  ragazza, riferendosi all’appuntamento con William.
“Pacco colossale... ” sospirò lei richiudendo il frigo e appoggiandovisi contro con le spalle.
“Figlio di puttana!” sbottò Chiara senza neanche pensarci facendo sorridere l’amica “E che cosa ti ha detto?”
“Che deve stare con sua sorella... ” rispose la bionda “... e sì so benissimo che Will non ha una sorella... ” aggiunse prima che l’altra potesse commentare in alcun modo.
“Mi dispiace Lì, certo che sei proprio sfigata!” disse Chiara sospirando.
“Tu e il tuo oroscopo secondo cui il 2008 era il mio anno, eh?” rise Leila scuotendo la testa, secondo Chia quello sarebbe stato un anno sfavillante per il segno del toro, farete scintille, c’era scritto sulla nota rivista di astrologia, e Leila ne aveva fatte talmente tante in quei pochi mesi che stava quasi per prendere fuoco.
“Senti se non hai impegni facciamo qualcosa?” riprese a parlare.
“Che cosa sono, una ruota di scorta?” scherzò Chiara divertita.
“Più o meno... ” rise Leila “... viene tuo fratello a cena qui a quanto ho capito, poi vanno allo Shiraz, in caso ci aggreghiamo... ”
“Uhm, sì può fare... io a venire a cena non ce la faccio perché finisco di asciugarmi i capelli e faccio due cose qui a casa, ma magari mi passate a prendere prima di andare lì? Anche perché Ian è già uscito e dovrebbe essere lì da voi tra poco credo... ” rispose Chiara.
La situazione era abbastanza scontata: Lee e Ian avevano la stessa età, 29 anni, si erano conosciuti alle elementari ed erano amici fin da quella tenera età, amici che avevano frequentato insieme tutte le classi fino alla fine del liceo; a causa di questo rapporto così stretto, si erano conosciute Chiara e Leila, entrambe ventiquattrenni. Loro avevano frequentato scuole e classi diverse, ma fin da piccole si erano ritrovate invischiate nei piani e nei progetti dei fratelli e, grazie a questo, si erano conosciute e avevano legato, diventando amiche tanto quando i due fratelli maggiori.
“Ok, va bene, ti passo a prendere io che andiamo con due macchine che poi gli altri due chissà che ore tirano e soprattutto chissà chi si tirano su sta volta!” rise Leila prima di venire interrotta dal suono del campanello “Senti vado che è arrivato il pirla di tuo fratello e Lee è in doccia e prima di sei ore non ne esce... ”
“Ok, mandami un messaggio quando partite da casa vostra... ciao Lì!” la salutò Chiara riattaccando mentre la bionda andava al citofono schiacciando il pulsante per aprire il portone senza neanche chiedere chi fosse, non c’erano molti dubbi sull’identità dello scocciatore.
Leila tornò in cucina riempiendo una pentola d’acqua e mettendola sul fuoco prima di tirare fuori dal frigo il solitario radicchio che rappresentava probabilmente l’unica cosa commestibile in tutta la casa.
“Permesso... ” una voce risuonò dal salotto.
“Avanti, sua maestà è sotto la doccia!” rispose la ragazza.
“Hey ciao Principessa!” la salutò il ragazzo facendole buttare gli occhi al cielo con un sorriso.
No, non era un complimento alla Roberto Benigni ne ‘La vita è bella’, non era una dimostrazione di adorazione, di amore o quant’altro, Ian la chiamava così da quella volta che, più di quindici anni prima, lui e suo fratello si erano messi a guardare la Trilogia di Star Wars nel loro soggiorno, Lee si era democraticamente rinominato Luke Skywalker, Ian era diventato Han Solo e lei, ovviamente per il nome, era stata soprannominata la principessa Leila; le era andata meglio che a Chiara a cui era stato affibbiato il ruolo di Chewbecca, questo era poco ma sicuro.
Quegli stupidi nomignoli avevano retto qualche mese, un anno al massimo e poi erano caduti uno dopo l’altro, tranne che per Ian che quando voleva risultare insopportabile, cioè spesso, continuava a chiamarla Principessa Leila, sapendo che la cosa la faceva in un certo senso divertire: era quindi assai probabile che Lee, prima di entrare in doccia avesse detto a Ian del colossale due di picche che la povera biondina si era vista rifilare quella sera da William.
“Come va?” chiese il ragazzo arrivando in cucina dopo aver appeso il cappotto nero all’appendi abiti, passandosi una mano tra i capelli scuri e scompigliandoli, se possibile, ancora di più.
“Bah, si sopravvive... ” scherzò lei sciacquando un coltello e girandosi poi per asciugarlo mentre Ian si prendeva una birra dal frigo e si sedeva attorno al tavolo al centro della stanza.
“Tu? I colloqui?” continuò Leila girandosi per guardarlo incrociando le braccia al petto dopo aver bevuto un sorso dalla sua bottiglietta.
“Una valle di lacrime!” rispose sconsolato scuotendo la folta chioma di capelli scuri, appoggiando un gomito sul tavolo e reggendosi la testa con il braccio “Sembra che io abbia la lebbra o qualcosa di simile, che piuttosto che assumermi preferiscano fallire, mi sto convincendo che farò il commesso per il resto della mia vita... ” riprese senza alcuna convinzione.
“Te l’ho detto, no? I nostri fratelli diventano ricchi sfondati e noi viviamo alle loro spalle! Semplice, comodo, indolore!” commentò la bionda mettendosi a ridere contagiando anche il ragazzo che alzò gli occhi, divertito.
“Sai, credo che tu e Chiara siate state scambiate alla nascita, in realtà lei è sorella di Lee,e tu sei la mia sfigatissima sorella, insomma io e te siamo obiettivamente due falliti!” continuò lui bevendo almeno metà della bottiglia di birra in un solo sorso.
“Grazie, eh? Mi serviva davvero una bella botta di ottimismo stasera! Grazie di esistere Ian, sul serio, come vivrei senza di te!” lo accusò la ragazza fingendosi risentita mentre lui si metteva a ridere.
Ian era di certo una persona complicata, o quanto meno la sua storia universitaria degli ultimi otto anni lo era di sicuro: aveva iniziato il primo anno alla facoltà di Giurisprudenza, rendendosi poi conto che non faceva per lui e trasferendosi poi per due anni a Economia e Commercio Estero, ma anche quella si era rivelata una strada sbagliata e così era traghettato a Psicologia per quasi due anni e mezzo finendo poi in bellezza con tre anni di Traduzione e Interpretariato nelle lingue Inglese e Spagnolo.
Arrivato a questo punto Ian aveva trovato lavoro come commesso in un negozio di dischi e DVD, una cosa temporanea, aveva detto, in attesa di una sorta di illuminazione divina che avrebbe dovuto rivelargli quale sarebbe stato il suo futuro: lavorava lì da un anno, e nel frattempo faceva colloqui di ogni genere, assicurazioni, posti in banca, marketing, contatti esteri nelle aziende e chi più ne ha più ne metta. Sembrava però che nessuno volesse assumerlo.
Ai colloqui nelle filiali delle banche della città era andato abbastanza tranquillo, convinto del fatto che, se avevano assunto Jamie, il più folle e sconclusionato del loro gruppo di amici, avrebbero di certo assunto anche lui, e invece dopo un ‘Le faremo sapere’, nessuno l’aveva più ricontattato.
“Possiamo darci all’accattonaggio... ” propose Ian girandosi per prendere il sacchetto di patatine alle sue spalle e iniziando a sgranocchiarne un paio.
“Io pensavo piuttosto allo spaccio di droghe, oppure ricettazione, importazioni clandestine, queste cose qui, penso fruttino meglio!” commentò la ragazza voltandosi per cercare di iniziare a preparare la cena, ma dando un ultimo sguardo alla verdura davanti a sé l’unica cosa che fece fu aprire la pattumiera e cestinare tutto: non aveva intenzione di avvelenare se stessa, né Ian, né suo fratello.
Prese il cordless alla sua destra e poi si voltò nuovamente “Ci ordiniamo una pizza che è meglio, mh?” propose lanciandogli il telefono perché chiamasse lui.
“Ok, però vai tu a chiedere a tuo fratello cosa vuole, che faccio volentieri a meno di vedermelo che sculetta mezzo nudo in giro per casa!” scherzò Ian mentre Leila si metteva a ridere attraversando il soggiorno prima e il corridoio poi, fermandosi infine davanti alla porta del bagno e bussando.
“Lee che pizza vuoi?” chiese ad alta voce e dopo pochi secondi la porta si aprì facendo sbucare la testa di suo fratello.
“Pizza? No pizza! Voglio cibo vero!” si lamentò lui.
“Non c’è cibo vero in questa casa quindi che pizza vuoi?” ripeté la ragazza fissandolo.
Odiava questo lato salutista di suo fratello, odiava la pizza e i cibi già pronti neanche fossero opera del diavolo, era una sottospecie di salutista che teneva troppo al suo fisico e, finché si cucinava da solo, non era un problema, ma quando iniziava a metterle i bastoni fra le ruote nell’ordinare una pizza la cosa non le andava più tanto bene.
“Ma dai, vai su dalla mamma e vedi cos’ha in frigo, non voglio la pizza! Ruba qualcosa di sopra, ok?” disse prima di richiudere la porta senza aspettare risposta, lasciandola lì a fissare il legno scuro dell’anta con uno sguardo omicida.
Leila borbottò qualcosa tornando di là “Sua maestà non vuole la pizza... ” esclamò rivolta verso lan che si mise a ridere “Andiamo su a rubare qualcosa, vieni che mi aiuti a scegliere... ” aggiunse mentre il ragazzo si alzava seguendola su per le scale fino al salone dell’appartamento al piano di sopra dove in quel momento non c’era nessuno. Andarono a sinistra attraversando la piccola sala da pranzo entrando poi in cucina e mettendosi entrambi davanti al frigo aperto in meditazione.
“Vieni allo Shiraz stasera?” chiese lui allungando la mano per prendere una pentola controllandone il contenuto e commentando con approvazione l’arrosto nascosto al suo interno.
“Sì, passo a prendere tua sorella e veniamo tutte e due... ” rispose la ragazza prendendo a sua volta un contenitore in cui sua madre, quella santa donna, aveva messo via un bel po’ di cose dalla cena della sera prima.
“C’è anche Jamie?” chiese poi la Leila mentre Ian si metteva a ridere e lei si girava cercando di tirargli una gomitata borbottando a denti stretti un ‘cretino’ “Ti avrei chiesto anche se ci sono Joseph, Mike e gli altri ovviamente... ” si difese tornando a guardare il frigo con grande interesse.
“La piccola Lì con la cotta per Jamie... ” la prese in giro lui con un sorriso.
“Hey, scusa che sorella minore sarei se non avessi una cotta per uno degli amici di mio fratello maggiore? Sarei un alieno, un’insensibile, una sottospecie di cavia da laboratorio! Lungi da me!” commentò lei facendolo ridere ancora di più.
“Sì, ma almeno potevi scegliere il migliore, cioè me... ” scherzò lui mentre rubavano qualche altra cosa dal frigo prima di richiuderlo.
“Spiacente, mi piacciono quelli bassetti e fuori di testa!” rise lei facendogli una linguaccia, spegnendo la luce per tornare a casa al piano di sotto per iniziare a scaldare il cibo trovato in cucina da sua madre.
“Tu e mia sorella venite con noi?” chiese Ian che era tornato a sedersi in cucina con un’altra birra in mano, ad attendere che Lee, con i suoi tempi biblici, finisse di prepararsi.
“No, la passo a prendere con la macchina così non rompiamo!” rispose lei sedendosi sul bancone, lasciando penzolare le gambe.
“Ok, noi passiamo a prendere Sara e poi ci vediamo lì... ” commentò Ian appoggiandosi indietro allo schienale della sedia, passandosi ancora una mano tra i capelli.
Ian aveva una chioma impossibile da controllare, i capelli neri erano lunghi e spesso disordinati, che ricadevano sul volto in maniera scomposta nascondendo spesso gli occhi verdi; aveva la forma del viso molto allungata, gli zigomi pronunciati e spesso si dimenticava di farsi la barba assumendo un look che sembrava casuale ma che era invece più che studiato. Era un tipo che piaceva, piaceva molto ad ogni genere di ragazza, se non per l’aspetto fisico, per la sua espansività e spigliatezza, molto simile a quella di Lee, e per questo andavano così d’accordo da anni e si trovavano in sintonia in quasi ogni tipo di situazione.
Sotto questo punto di vista le due sorelle minori erano molto diverse, non solo dai fratelli ma anche tra di loro: Leila, anche se nessuno avrebbe potuto dirlo a prima vista, era sotto sotto un tipo abbastanza timido, che ostentava sicurezza con la gente che non conosceva tanto bene appunto per mascherare la sua vera indole; ci voleva un po’ prima che si aprisse e lasciasse andare con le persone, ma quando accadeva si scopriva a pieno il suo carattere allegro e divertente, che spesso nascondeva sotto una scorza da finta dura che non le riusciva neanche tanto bene. Chiara invece era un tipo fondamentalmente riservato, un po’ sulle sue, a differenza del fratello, Ian; una a cui piaceva farsi gli affari suoi, che spesso preferiva una serata tranquilla alle feste in giro per i locali, gusto che condivideva con Leila, ed infatti le due passavano numerose serate a casa tra di loro o con qualche amico invece che mischiate nelle rumorose feste che erano la passione di Ian e Lee.
I due fratelli maggiori, però, avevano sempre cercato di coinvolgerle, di presentare loro persone, e in fin dei conti avevano tutti un buon rapporto, anche se molto, molto diverso: Lee e Leila erano uniti, molto uniti, simili sotto molti aspetti del carattere, con lo stesso senso dell’umorismo, si appoggiavano in quasi ogni cosa che facevano sostenendosi a vicenda; lo stesso non si poteva dire di Ian e Chiara.
Il giorno e la notte non avrebbero potuto essere più diversi: per quanto i due riuscissero comunque ad andare d’accordo, a frequentarsi anche in compagnia e a convivere senza troppi problemi in numerose situazioni, alcuni lati così opposti dei loro caratteri li portavano ad essere naturalmente in conflitto.
Chiara era una persona abbastanza rigida ed inquadrata, iscritta alla facoltà di Economia si era laureata perfettamente in tempo ed aveva già iniziato a lavorare da alcuni mesi come responsabile marketing di una grande azienda di moda della zona, lavoro che adorava e che la divertiva moltissimo; Ian era invece uno che non sapeva dove voleva andare a parare con la sua vita e la sorella aveva sempre giudicato con molta severità questo aspetto del suo carattere, apostrofandolo spesso con disapprovazione dall’alto delle sue sicurezze e certezze.
Ian, infatti, si era sempre sentito un po’ a disagio in famiglia dovendo reggere il confronto con una sorellina così meritevole ed infatti, appena gli era stato possibile, si era trasferito a vivere da solo, in un piccolo appartamento che occupava ormai da quasi quattro anni. Da questo punto di vista Lee e Leila erano molto diversi, la loro situazione era rovesciata, Lee era quello con i piedi per terra, Leila quella che spesso non sapeva dove sbattere la testa, quella che si perdeva in voli pindarici sul suo futuro senza in realtà avere in mano niente di concreto, ma nonostante questo Lee, a differenza di Chiara, non aveva mai espresso giudizi, anzi, supportando la sorella anche nei momenti difficili.
“Esci ancora con lei?” chiese stupita la ragazza girandosi a fissare Ian con gli occhi sgranati, tenendo a mezz’aria il mestolo con cui stava mescolando le patate.
“Hey, non ti ho detto che sono stato rapito dagli alieni, eh? Modera il tono!” scherzò lui, scuotendo la testa a metà tra il divertito e un finto risentito “Posso uscire con una ragazza più di una volta! Per la precisione, ci esco da quasi un mese, mi piace parecchio... ” sentenziò molto soddisfatto di aver finalmente trovato qualcuna con cui valesse la pena di passare un po’ di tempo.
“Buon per te! Ero solo stupita perché è un po’ che non ti vedo e l’ultima volta non eri così convinto” si giustificò Leila inclinando la testa.
“C’eravamo visti al cinema, no?” chiese lui e la ragazza annuì “Era tipo la seconda volta che ci uscivo o poco più quindi ero ancora sulla difensiva!” aggiunse con un sorriso “Comunquela vedi ancora in facoltà, no? ”
“Sì, povera, è ancora alle prese con civile! Solo per questo mi sta simpatica da morire te lo dico!” rise Leila “Abbiamo fatto anche insieme un esame e mi ci siamo aiutate a vicenda, e poi suo fratello è un figo!” continuò divertita.
“Chi è figo?” la voce di Lee si intromise nella discussione mentre Ian e Leila si lanciavano uno sguardo d’intesa, sapevano entrambi quanto Lee fosse geloso della sua sorellina, cosa su cui l’amico si divertiva a scherzare visto che invece lui non lo era più di tanto, né di Chiara né di Leila che spesso arrivava considerare come uno strano e contorto tipo di sorella.
“Gio’, il fratello di Sara... ” rispose Ian mentre Lee sbirciava cosa si stava scaldando sui fornelli.
“Niente di particolare... ” commentò il biondo stappandosi una birra prima di iniziare a preparare la tavola, mentre gli altri due ridevano divertiti “Sul serio! Sarà anche figo ma ci abbiamo giocato a calcetto la settimana scorsa e sembra un po’ poco divertente...  prima di capire una battuta ci ha messo un quarto d’ora!” continuò prendendo le posate.
“Quello è vero, ha fissato Jamie con uno sguardo perso per un bel po’, non credo sia una cima!” rise Ian alzandosi per aiutare Leila a mettere la roba nei piatti.
“Magari se sono stupidi non mettono in moto il cervello e non trovano nessuna scusa per cui scaricarmi” sbottò la biondina sedendosi a tavola e infilzando con cattiveria una patata al forno, neanche fosse lei la responsabile della sua serata rovinata.
“O magari ne trovano una come quella di William che, diciamocelo, non è Mr. Intelligenza... ” ribatté Ian sedendosi accanto a lei.
“Compensava con il fondoschiena!” statuì la ragazza con convinzione.
“Lia!” la riprese Lee, mentre l’amico si metteva invece a ridere di gusto scambiandosi una serie di occhiate divertite con la ragazza.
“Comunque devo venire più spesso a mangiare qui, questa roba è fantastica! Non sempre avete del cibo ma, quando ce l’avete, regna!” commentò Ian iniziando a mangiare.
“Il motivo per cui il cibo scarseggia è che c’è sempre qualcuno a mangiare qui e molto spesso sei tu!” lo riprese Leila indicandolo minacciosa con una forchetta.
“Sfrutto le tue innate doti di cuoca, chiamami scemo!” sorrise il ragazzo.
“La cucina di casa tua potresti venderla come nuova, sai? Ti darebbero non pochi soldi! Dubito che tu l’abbia mai usata! Forse l’ho usata più volte io di te quando abbiamo fatto qualche festa!” si intromise Lee per prendere in giro l’amico che buttava gli occhi al cielo ascoltando la semi-predica dei due fratelli con aria ironica.
“Se non foste fratello e sorella sembrereste una vecchia coppia sposata che parla di cucina ed elettrodomestici!” commentò continuando a mangiare imperterrito mentre Leila gli tirava un calcio sotto il tavolo mancandolo di poco.
“Ti lascio fuori dalla porta la prossima volta!” sentenziò la bionda.
“Mia sorella ha le vostre chiavi di emergenza!” ribatté Ian.
“Tua sorella non te le darebbe mai!” cantilenò Leila come una bambina.
“Non è detto che non ne abbia fatta una copia di nascosto!” le andò dietro lui mentre si rivolgevano uno sguardo di sfida.
“Non iniziate bambini, stasera non sono in vena di reggervi!” concluse Lee ponendo fine al battibecco con una nuova porzione di arrosto per tutti.

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